Non tutti gli e-commerce adottano un codice di condotta esemplare e può capitare che alcuni di essi pongano in essere pratiche commerciali che ledano i diritti dei consumatori. Vero, però, anche il contrario; A volte sono gli e-commerce ad avere bisogno di una maggior tutela da parte di clienti scorretti. La commissione europea è al lavoro per aggiornare l’attuale normativa europea in materia di diritti dei consumatori e dei venditori. Vediamo insieme quali sono le novità riportate nel testo della Direttiva che una volta approvata dal Consiglio dei ministri UE sarà recepita nell’arco di due anni dagli Stati membri della comunità europea.
Ancora niente di ufficiale quindi, ma leggendo il testo della Direttiva 93/13 è possibile capire in quale direzione stiamo andando e quali saranno le modifiche che interesseranno milioni di utenti.
Maggior chiarezza nei risultati di ricerca
La direttiva prevede che i risultati di ricerca a pagamento (i.e. AdWords) siano chiaramente contraddistinti da quelli “naturali” riportati in lista in quanto strettamente aderenti alle esigenze dell’utente. In altre parole il consumatore dovrà sapere che alcuni risultati appaiono perché il venditore ha pagato.
Classifiche
Gli e-commerce probabilmente dovranno chiarire quali sono i criteri utilizzati per filtrare i prodotti visualizzati dall’utente in seguito ad una ricerca effettuata. Dovranno chiarire modalità di catalogazione e comparsa di prodotti ed offerte: più venduti, più votati, più commentati, ecc.
I marketplace spiegheranno come avvengono le classificazioni dei prodotti e se il prodotto occupa quella posizione perché il venditore ha pagato per inserirlo in cima o perché effettivamente è l’articolo più valido in funzione della query effettuata.
Diritto di recesso per i servizi gratuiti
Acclarata da tempo l’importanza dei dati personali ai fini commerciali sono considerati dalle aziende veri e propri beni economici. La Direttiva, per evitare abusi, consentirà ai consumatori di recedere anche dai quei servizi il cui pagamento è avvenuto anche solo tramite cessione di dati personali. Anche in questo caso il diritto di recesso potrà esse esercitato entro 14 giorni dalla fornitura del servizio.
Abusi diritto di recesso
La direttiva, in questo caso, prevede la tutela dei venditori. Viene limitato il diritto di recesso per gli articoli che sono stati usati. I clienti potranno al massimo provare il capo acquistato ma niente di più. I prodotti che saranno restituiti potranno inoltre essere soggetti ad una diminuzione di valore in funzione dell’usura riscontrata.
Questa norma nasce dall’esigenza di arginare alcune pratiche poste in essere da clienti non corretti che abusano del sistema resi ed utilizzano i vari marketplace come un modo per noleggiare vestiti a costo zero. Notevoli i danni finora cagionati ai merchant che si sono ritrovati con capi di abbigliamento, ad esempio, restituiti, rimborsarti e non più vendibili.
Differenze qualitative tra prodotti simili
Nascerà l’obbligo per i merchant di spiegare chiaramente eventuali differenze qualitative tra i prodotti in vendita ed i servizi offerti. Spesso, infatti, vengono commercializzati prodotti della stessa marca e con lo stesso packaging che si differenziano per la composizione degli ingredienti utilizzati. Una situazione facilmente riscontrabile in diversi prodotti cosmetici ed alimentari.
L’autorità garante della Concorrenza e del Mercato gestirà il controllo e l’osservanza di tale normativa. Pesanti le sanzioni previste per chi non ottempererà a quanto previsto dalle norme; Si parla di multe che potranno arrivare fino a 2 milioni di euro o corrispondenti al 4% del fatturato.